ENERGIA E TERRITORIO

ITALIA NOSTRA PROMUOVE UNA SERIA POLITICA ENERGETICA BASATA SUL RISPARMIO. CONTRARIA AL NUCLEARE, ITALIA NOSTRA RITIENE CHE LE RINNOVABILI SIANO UTILI MA NON DEBBANO DEVASTARE IL PAESAGGIO. Per saperne di più clicca qui.

venerdì 29 novembre 2013

CULTURA DEL PAESAGGIO E COLTURE: CONTRO L'ABBATTIMENTO SELVAGGIO, PIU' TUTELA NELLA DIFESA DELL'OLIVO DI TERNI



Un tassello del variopinto patrimonio culturale della conca ternana è senza dubbio quello paesaggistico, spesso bistrattato e declassato con scelte urbanistiche a dir poco discutibili. Eppure in passato il paesaggio che incornicia la città era talmente ammirato da essere segnalato non solo come luogo di villeggiatura ma anche - e forse, soprattutto - per la generosità della sua terra particolarmente assolata e ricca di acque. La più importante produzione agricola del territorio conosciuta sin dall'età romana era rappresentata dalla coltura dell'olivo, primaria e fondamentale per l'economia della cittadina a tal punto da essere tassato e conteso tra le popolazioni affacciate sulla conca ternana. E' singolare il fatto che la città descritta da Francesco Angeloni (1647) fosse disseminata di molini da grano e da olio - specialmente nella zona della dei Camporeali tra piazza San Francesco e la Stazione ferroviaria - e che i raffinati viaggiatori del grand tour segnalassero che la principale attività commerciale di Terni ruotasse intorno all'olio.
Siamo ancora convinti che i promotori assolati, poggiati sulle ultimi propagini dei Monti Martani dalla Val di Serra a Cesi, coperti da innumerevoli piante di olivo, potrebbero diventare, oggi come allora, una risorsa per la valorizzazione del territorio dell'"Umbria Interamna" sia dal punto di vista economico che paesaggistico ed ambientale. Ciò è possibile solo attraverso la conoscenza del paesaggio, il monitoraggio del patrimonio olivicolo e la tutela della tradizione agricola legata alla raccolta delle olive sino alla valorizzazione del prodotto. Ecco perché, al riguardo, non è più rinviabile un'azione ferma da parte delle autorità tesa a scongiurare definitivamente l'estirpazione selvaggia delle piante di ulivo della Conca - che purtroppo si registra con facilità per i motivi più diversi, spesso irragionevoli - restituendo, al contempo, la giusta dignità a un patrimonio che annovera migliaia di ettari di superficie olivetata, ma un numero purtroppo ancora sconosciuto di piante.
Occorre una superiore tutela del patrimonio olivicolo dell'Umbria, magari attraverso un'integrazione della legge regionale 13/2009, volta alla conoscenza e al monitoraggio dello stato di salute delle piante, con controllo più severo sulle autorizzazioni - troppo spesso improprie - all'abbattimento degli olivi, che di norma dovrebbero essere concesse dal comune territorialmente competente in caso di morte fisiologica o permanente improduttività della pianta, per l'eccessiva fittezza dell'impianto, per l'esecuzione di opere pubbliche o per la realizzazione di edifici. In questi ultimi casi si dovrebbe valutare l'ipotesi di un controllo più accurato da parte degli enti preposti alla tutela sull'attività urbanistica degli enti territoriali e una maggiore collaborazione con le comunità montane. La formazione di consorzi e la messa in rete dei piccoli agricoltori sarebbe la garanzia del miglior rilancio di tale antico valore culturale del nostro territorio, teso perfino a rigenerare le piante con l'adozione delle opportune pratiche colturali, così come già fanno altre regioni italiane.

Giuseppe Cassio
Italia Nostra - Terni

Terni, 27 novembre 2013.

domenica 17 novembre 2013

[TERNI] FONDAZIONE CARIT, BPS E GOVERNANCE INTERNA: LE PAROLE DEL GOVERNATORE DELLA BANCA D'ITALIA E LA NECESSITA' DI UNA RISPOSTA

LETTERA UFFICIALE A FONDAZIONE E MINISTERO PER RAFFORZARE L'AUTONOMIA DELL'ENTE




Sul progetto Clitumnus, cordata regionale volta ad acquisire la maggioranza della Banca Popolare di Spoleto, oggi commissariata dalla Banca d'Italia, abbiamo posto alla Fondazione Carit alcuni seri motivi di riflessione cui non è stata fornita pubblica risposta. Nessuna replica sul dubbio fondamentale, relativo alla conformità di tale operazione alla legge: non pochi osservatori attestano il contrasto tra la possibile partecipazione a consimili piani da parte delle Fondazioni bancarie rispetto a quanto previsto dal D.Lgs. 153/99. A questi enti sarebbe precisamente interdetto l'esercizio di funzioni creditizie, dirette o meno.
Il governatore della Banca d'Italia, intervenendo all'Abi nel luglio scorso e poi in seguito, avverte che "Il divieto di controllo, previsto dalla legge, va pienamente rispettato, se necessario ridefinendo in modo da includere situazioni in cui esso viene esercitato di fatto o congiuntamente con altri azionisti".
Come ci si pone dinanzi alle parole del governatore, considerando che Fondazione Carit, unitamente ad altri azionisti, aderendo all'operazione Clitumnus, otterrebbe infine la maggioranza e, dunque, il controllo di BPS, eludendo, pare, lo spirito della legge? E' certa poi la Fondazione Carit di poter mantenere il beneficio della qualifica di ente non commerciale, se seguisse il progetto di banca regionale? E' sicuro il Consiglio di amministrazione che la tassazione non sarebbe più gravosa per l'ente? Come gestire il rischio d'impresa che la Fondazione si assume, sottoscrivendo il capitale BPS? Come fronteggiare il rischio giudiziario che potrebbe ulteriormente prodursi dalla cooperativa SCS? Come valuta la Fondazione il naufragio di contigue 'banche del territorio', quali Banca delle Marche e Tercas, parimenti in amministrazione straordinaria della Banca d'Italia? Cosa pensa la Fondazione del ruolo delle sue omologhe, anche in seno al Monte Paschi di Siena? E' la Fondazione consapevole che, qualora l'acquisto di BPS procedesse, il Ministero dell'Economia, organo di vigilanza dell'ente, potrebbe poi imporre la rivendita delle quote che comportano il controllo, pur indiretto, di BPS, senza escludere il caso di scuola del commissariamento, in caso di inottemperanza?
Il problema di una governance della Fondazione autenticamente indipendente e competente si pone soprattutto nei confronti delle 'banche del territorio', che, proprio per la possibile fioritura di amicalità, devono essere massimamente sottratte all'influenza politica, come si ricava anche dalla ratio e dalla lettera delle legge. Infatti l'orgoglio - tutto politico - dell''avere una banca' cozza pure con le nuove linee guida cui aderisce Fondazione Carit. Il governatore Bankitalia, nel corso del citato intervento all'ABI, ha ricordato, non a caso, che "La Carta adottata dall'ACRI (associazione Fondazioni bancarie e Casse di risparmio, nda) nel 2012 raccomanda trasparenza nei criteri e nei processi di nomina degli organi delle Fondazioni, stabilendo discontinuità temporale e incompatibilità con precedenti incarichi politici".
L'art. 7 della suddetta Carta ACRI è inequivocabile: "Al fine di salvaguardare la propria indipendenza ed evitare conflitti di interesse, la partecipazione agli organi delle Fondazioni è incompatibile con qualsiasi incarico o candidatura politica (elettiva o amministrativa). Le Fondazioni individuano le modalità ritenute più idonee per evitare l'insorgere di situazioni di conflitto di interessi, anche ulteriori rispetto alle predette fattispecie. Le Fondazioni individuano inoltre opportune misure atte a determinare una discontinuità temporale tra incarico politico svolto e nomina all'interno di uno dei loro organi".
Italia Nostra intende far rispettare pienamente questi indirizzi a beneficio della più ampia autonomia della Fondazione. Per questo la nostra organizzazione, statutariamente riconosciuta quale socia dell'ente, invierà una missiva ufficiale all'attenzione del Cda, del Comitato di indirizzo, del collegio sindacale e, per conoscenza, al Ministero dell'Economia e all'Acri, al fine di valutare con urgenza lo stato di applicazione dei nuovi orientamenti, nonché gli eventuali profili che contrastino con gli impegni assunti in sede Acri onde prevenire future anomalie e superare le antinomie certamente già esistenti.

Andrea Liberati
Italia Nostra Terni - ass.ne socia Fondazione Carit

Terni, 12 novembre 2013.

venerdì 8 novembre 2013

FONDAZIONE CARIT TRA LEGALITA' E LEGITTIMITA': NECESSARIA UNA FRUSTATA MORALE A BENEFICIO DI TUTTA LA CITTA'



La Fondazione Carit si trova a dover assumere una delle decisioni più difficili della sua storia.
Abbiamo visto come la questione della partecipazione o meno all'operazione Clitumnus, alleanza di imprese ed enti regionali volti a entrare nel capitale della Banca Popolare di Spoleto, già commissariata dalla Banca d'Italia, rappresenti tuttora un momento di profonda riflessione da parte della città e, specialmente, dei soci e dell'intero Consiglio di amministrazione della Fondazione Carit.
Da una parte le ragioni del dubbio, motivate anzitutto da una non completa disclosure dei dati relativi all'effettivo stato economico-finanziario della BPS anche con riferimento alla qualità delle masse amministrate, a voler tacere dell'incertezza sul futuro contegno del Monte Paschi di Siena, qualora esso confermasse di uscire dall'investimento in BPS, un fatto che metterebbe in difficoltà la nuova Spoleto Credito e Servizi per via di pregressi accordi che impongono l'obbligatorio riacquisto da parte di Scs a prezzi molto elevati, col rischio di ricapitalizzazioni da parte dei partecipanti all'operazione Clitumnus. Su questi - e altri temi - la Fondazione non ha finora ritenuto di rispondere pubblicamente.
Dall'altra parte le ragioni dell'ingresso nella cordata Clitumnus, che consisterebbero essenzialmente nel salvaguardare la 'territorialità' dell'Istituto, le cui scelte verrebbero prese a Spoleto, in Umbria, e non, per dire, a Milano, col rischio del venir meno degli impieghi che, nel ternano, sarebbero assai consistenti da parte di BPS, con presumibile pregiudizio per famiglie e imprese locali le quali finora hanno contato su un'azienda che, fino al commissariamento, pareva svincolata da dinamiche ineludibilmente nazionali.
Esplicitate in estrema sintesi alcune rilevanti ragioni, la via resta stretta. C'è chi sostiene che tale dibattito non si sarebbe nemmeno dovuto aprire per una Fondazione bancaria, vista la legge cornice entro cui dobbiamo inscrivere questa storia: ex art. 3, c.2, D.Lgs. 153/99, "Non è consentito alle fondazioni l'esercizio di funzioni creditizie; è esclusa altresì qualsiasi forma di finanziamento, di erogazione o, comunque, di sovvenzione, diretti o indiretti, ad enti con fini di lucro o in favore di imprese di qualsiasi natura, con eccezione delle imprese strumentali e delle cooperative sociali (...)". E allora perché siamo giunti sin qui?
Quando Papa Benedetto XVI ha compiuto alcuni mesi fa il 'gran rifiuto', non pochi sono stati coloro che hanno interpretato quella decisione come esemplare. Secondo il filosofo Giorgio Agamben, la scelta di Ratzinger richiama con forza due principi essenziali della nostra tradizione etico-politica, valori di cui la società sembra aver smarrito consapevolezza: legittimità e legalità.
La crisi della nostra comunità - e delle sue istituzioni, di diritto pubblico e privato che siano - è così forte perché, secondo Agamben, riguarda non soltanto la legalità delle sue organizzazioni, ma anche la loro legittimità: non solo le regole e l'esercizio del potere, ma il principio stesso che lo fonda e legittima.
Fonti antiche legano l'abdicazione di Celestino V, lontano precedente nella storia pontificale, a cause già allora tangibili: l'indignazione di un Papa contro 'le baratterie e le simonie della corte'.
Nel nostro piccolo, in una Fondazione in cui appare chiare dove si intenda andare, chi diriga materialmente la macchina e se interessi, pure personali, entrino in gioco nella valutazione di scelte di simile importanza, occorrerebbe una superiore presa di coscienza non solo in merito alla legalità dell'agire quotidiano, che qui non si intende discutere, ma soprattutto sulla legittimità ossia sulle ragioni antiche, profonde e persino spirituali esistenti dietro l'istituzione 'Fondazione Carit': il suo presidente, oggi, tra aderire o non aderire alla cordata Clitumnus, ha pertanto l'irripetibile occasione di un gesto che rappresenterebbe una frustata morale a noi soci così come all'intera città, ricongiungendo e rendendo operanti i principi di legalità e legittimità, oggi entrambi svuotati. Tertium datur, stavolta.
L'esempio di Benedetto XVI ci parla. Esso attende non epigoni, ma audaci interpreti di visioni e tempi nuovi.

Andrea Liberati
Italia Nostra Terni - associazione socia Fondazione Carit

Terni, 8 novembre 2013.

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