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sabato 27 luglio 2013

PER UN MANIFESTO CULTURALE DELLA CITTA': la vicenda del Telamone necessariamente inserita in una cornice più ampia


L'attuale dibattito sul Telamone "ricomparso" nel Museo Archeologico Nazionale di Perugia, è una preziosa occasione per tornare sull'emergenza di un progetto culturale per Terni. La storia ci insegna che, al momento del suo ritrovamento, nel 1973, la città non era dotata di una struttura museale abilitata ad accogliere un'opera così importante sicché, in base alla legge 1089/39 - che ribadiva il principio di appartenenza allo Stato delle "cose" ritrovate nel sottosuolo - fu deciso il trasferimento conservativo nel Museo Archeologico Nazionale di Perugia aperto sin dal 1948. Ora, occorre riconoscere che al momento della scoperta, la città non era pronta ad affrontare temi di carattere conservativo e i "beni culturali" non erano tra le priorità di governance delle giunte, impegnate com'erano a risolvere problemi di primaria importanza.
Ci volle l'illuminata preparazione intellettuale del prof. Piero Adorno, all'epoca nostro illuminato assessore, ad aprire la strada della conoscenza e della valorizzazione (molti ricorderanno la storica mostra fotografica 'Larte a Terni', 1974/75, che, di fatto, fece timidamente apprezzare alla città ciò che i bombardamenti avevano risparmiato). 
S'iniziava allora a conoscere il nostro "volto vero" e a discutere sulla necessità di un museo integrato ove raccogliere i reperti e le opere d'arte dislocati disordinatamente tra sedi provvisorie e depositi; non era logico quindi che un'opera come il Telamone, per l'appunto, fosse privo di quelle basilari norme di sicurezza e conservazione previsti dalla legge. In tal senso, sarebbe opportuno riconoscere allo Stato un ruolo apprezzabile nella tutela di tanti beni "ternani" salvaguardati da un'inevitabile incuria. Lo dimostra la storia della cosiddetta "raccolta archeologica" - quella messa insieme a fine '800 dal genio di Luigi Lanzi - che rimase a Terni solo perché già storicizzata ma che non ebbe vita facile; fu trasferita, infatti, dal convento di San Francesco al palazzo municipale e successivamente sistemata nei meandri e nel giardino di palazzo Carrara fino in anni recenti che, vivaddio, han visto la nascita di un museo archeologico, dagli spazi tuttavia ancora troppo esigui.
Non si può certo nascondere che la sistemazione del Telamone a Terni sarebbe un gesto auspicabile e forse necessario, giacché a rigor di logica dovrebbe raccontare un periodo poco conosciuto della storia locale. Ma - contrariamente a quanto sta succedendo in questi giorni - un simile evento va pianificato nelle sedi giuste con rigore metodologico e non come episodio occasionale fomentato dal sentimento di viete rivalse campanilistiche (l'opera, non dimentichiamolo, è custodita in un museo statale e non locale). Il semplice gesto di restituzione non creerebbe esternalità, se fosse isolato nel desertico recinto del campanilismo. Non servirebbe a nessuno, qualora appagasse aridi appetiti politici.
Essenziale invece un risveglio culturale, uno scatto d'orgoglio civico che orienti le prossime amministrazioni verso la difesa e promozione più tangibili di quei sacri "valori" congeniti al patrimonio culturale e paesaggistico. Ecco perché è utile e necessario, specie oggi, parlare di un 'manifesto culturale per Terni'.
Alcune cose sono state fatte, ma occorre domandarsi: le risorse impiegate in questi ultimi anni per i beni culturali e in particolare per la creazione della "cittadella" museale hanno aumentato la percezione del valore attraverso il piacevole arricchimento conoscitivo da parte dei cittadini?
Ritengo allora che l'improvvisato problema del Telamone sia da configurarsi nell'assoluta mancanza di un progetto culturale in cui ad esempio trovi spazio la conoscenza del patrimonio archeologico ternano sparso altrove. E' pur vero che i risvolti industriali hanno condizionato sensibilmente l'humus sociale, ma è anche certo che la ricerca dell'identità culturale è una questione di cuore e di metodo educativo. Un pezzo in più o in meno all'interno di un museo non fa differenza nell'offerta culturale globale di una comunità, soprattutto quando latita un progetto finalizzato ad accrescere valore esperienziale al fruitore. E il museo, da sé, diventa "fabbrica di valore" esclusivamente se il servizio che questo offre coinvolge sistematicamente la città.
D'altra parte il decoro delle piazze, la pulizia delle strade e delle fontane, la cura del verde pubblico, lo sviluppo delle attività commerciali e la tutela di quelle storiche, il drastico arginamento della cementificazione insomma accresceranno il valore se interagiamo con la valorizzazione dei beni e degli spazi culturali. Allo stesso modo la Cascata delle Marmore - che meriterebbe maggior rispetto e seri progetti di valorizzazione per essere ammessa a far parte del Patrimonio mondiale dell'umanità - non sarà una tappa isolata nel percorso delle centinaia di migliaia di visitatori che ogni anno battono i suoi sentieri soltanto se entrerà nell'offerta esperienziale di una comunità che, finalmente consapevole della propria storia, sarà allora in grado di imbastire un progetto forte, ove ci sarà il posto - è sicuro - anche per il Telamone.
Non ci si può lamentare se altrove qualcuno gode della bellezza delle cose "ternane" fin quando la città non sarà pronta ad affrontare una politica culturale programmatica. Qui non c'è campanilismo: è soltanto buon senso, dettato dall'assoluta esigenza - mai urgente come ora - di riscoprire l'identità di una comunità attraverso tutto ciò che la rappresenta, dall'archeologia tradizionale a quella industriale.
E' necessario - lo dico da tempo - avviare un progetto culturale per la città, un piano che includa al suo interno l'ampliamento degli spazi espositivi e la promozione a 360 gradi del patrimonio culturale nostrano. Terni può rinascere se tornerà ad avere rispetto per la storia dell'arte, per se stessa insomma, per quanto qui è rimasto e per quanto giace magari nel buio di numerosi depositi di varie Soprintendenze o al riparo delle incursioni dell'ultima guerra, senza che i ternani nemmeno lo sappiano!
Una comunità attenta e sensibile si adopera in modo consapevole e culturalmente maturo, affinché, nel rispetto delle competenze pubbliche e private, i propri beni tornino laddove sono stati rinvenuti per poi renderli fruibili ai fini di una crescita intellettuale collettiva, specialmente laddove il problema può presentare anche delle ricadute sociali.
Facciamo dunque concreto spazio a un 'manifesto culturale per Terni', inquadrando le criticità attuali nel loro ampio contesto; solo allora il Telamone, come tanti altri beni, guarderà in direzione della Conca, accrescendo valore per noi e per le future generazioni.

Terni, 27 luglio 2013.

Giuseppe Cassio
vicepresidente Italia Nostra onlus, Sezione di Terni

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