La bozza di nuovo statuto della Fondazione Carit appare debolissima. Aleggia il rischio del 'compitino'. Lo comprova un'analisi comparata degli statuti di altre prestigiose e ricche fondazioni bancarie italiane: Compagnia di San Paolo; Fondazione Cariplo; Fondazione Roma; e poi, a livello locale, anche le fondazioni della Cassa di Risparmio di Perugia e di Orvieto. Alcuni punti:
- L’articolo 1 del nuovo statuto postula coerenza coi principi contenuti nella Carta delle Fondazioni 2012 ACRI (Associazione delle Casse di Risparmio italiane). Tale Carta è un accordo vincolante tra tutte le fondazioni bancarie del nostro Paese: tuttavia a Terni la Carta resta disapplicata su numerosi e rilevanti temi. Non un accenno infatti alla ‘trasparenza’ dei percorsi decisionali, alla ‘comparazione attraverso bandi’ –tuttora non effettuati, diversamente da quanto accade presso le fondazioni suddette, che li hanno attivati molti anni fa. Nulla su ‘monitoraggio e valutazione dei progetti sostenuti’, a voler tacere delle carenze relative a ‘incompatibilità e ineleggibilità’, su cui poi ci diffonderemo al punto 3). Interessante notare che altrove gli statuti e, in subordine, i regolamenti, includono una formula, ripresa dalle linee guida Acri, in merito al dover assicurare la motivazione nella selezione delle iniziative da finanziare.
- Il numero dei membri dell’assemblea dei soci: la Compagnia di San Paolo ne ammette appena 21; la Cariplo 40; Fondazione Roma può accoglierne da 58 a 115; Perugia e Orvieto ne consentono fino a 100. Il problema è anche nel metodo scelto a Terni: negli esiti non sembra aderire appieno alle tendenze contenitive delle fondazioni ‘virtuose’ –i 130 qui previsti in luogo degli attuali 170 restano esorbitanti. Ci si affretta poi a tagliare alcuni, salvando altri. Perché allora non ridurre in modo più significativo, salvaguardando la rappresentanza, ma cancellando possibili consorterie?
- Ruolo della politica: mentre l’ACRI la tiene fuori, evitando ab origine intrecci che altrove hanno già condotto a situazioni di inaudita gravità, la bozza del nostro statuto sembra al contrario assai morbida sul punto. In tal modo, però, finisce per confliggere coi principi di quella stessa Carta ACRI cui dichiara di ispirarsi all’art. 1. Se infatti l’ACRI parla di incompatibilità con “qualsiasi incarico o candidatura politica (elettiva o amministrativa)”, il nostro nuovo statuto si limita tartufescamente a dichiarare incompatibili solo coloro che ricoprano un ruolo esecutivo/direttivo “dei partiti politici a livello nazionale”, con un’ulteriore declinazione di tale concetto che finisce solo per rendere più indecifrabile l’asserto. Via libera a eletti che non abbiano ruoli esecutivi nel partito, così come a eletti facenti parte dei gruppi misti? Porte aperte anche a semplici candidati e a consulenti politici? Sembra di sì: un articolo così redatto si trasforma in un cavallo di troia per politici e mestieranti vari.
- Metodologicamente superato il richiamo nello statuto, Comune per Comune, dei singoli territori interessati da eventuali interventi della Fondazione. Nota di colore: ci si è accorti che Alviano e Attigliano sono ‘priorità’ anche per la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto?
- La bozza, ai fini del limite del doppio incarico degli amministratori, finisce per autorizzare di fatto un terzo mandato, sia pure di due anni al massimo, in seno al Comitato di indirizzo e al CdA, in spregio alle disposizioni di cui al D. Lgs. 153/99. L’Autorità di Vigilanza sarà d’accordo?
Sarebbero
anche altri i punti critici. Ci limitiamo a segnalarne alcuni: non un
rinvio a eventuali regolamenti per la gestione del patrimonio, così
come altre esperienze insegnano. Non un rinvio ad approcci
socialmente responsabili negli investimenti, evitando incoerenze tra
strumento finanziario scelto e missione filantropica della
Fondazione. Non una parola su principi ormai altrove da tempo
consolidati quali ‘obbligo di compartecipazione della spesa’,
‘non sostitutività’, ‘comunicazione’, ‘rendicontazione’,
‘innovatività’ e ‘non ripetitività’ delle proposte,
‘efficienza’ e ‘sostenibilità’.
Ebbene,
senza una reale presa di coscienza dello iato esistente tra questo
statuto e quelli di fondazioni bancarie anche a noi vicine, la
Fondazione Carit presterà il fianco a critiche crescenti.
L’unica
via praticabile è una rassegna delle buone e più diffuse pratiche,
recependo principi altrove da tempo inverati con successo: forse
sarebbe un po’ seccante, rompendo prassi consolidate. Ma almeno
funzionerebbe, garantendo pienamente i soci, così come i destinatari
degli interventi della Fondazione
Terni,
22 gennaio 2014 Andrea Liberati – Italia Nostra Terni
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