Cantata
da Furio Miselli, piazza dell’Olmo è uno dei pochi spazi ancora intatti della
Terni pre-industriale che reca in sé testimonianze ineludibili intrise di
memoria storica, a cominciare dalla morfologia di case di età tardo-medievale,
per continuare con la palazzina ottocentesca, la fontanella, la pianta che vi
attribuisce il nome e infine la chiesa di San Marco, uno degli edifici sacri
più antichi della città, luogo caro ai frati Minori.
All’inizio
della loro presenza a Terni, correva l’anno 1265, essi ottennero la possibilità
di abitare nella canonica della chiesa di San Cassiano – quello che oggi
conosciamo come “Cenacolo San Marco” – superando la promiscuità delle capanne
arrangiate da san Francesco.
Un luogo storico, ancora intatto nella
sua identità, ora non c’è più, violentato da un intervento riprovevole.
In nome della destinazione odierna che l’ha battezzata come snodo del circuito
ternano della ‘movida’, la riqualificazione non tiene minimamente conto dei
valori immateriali racchiusi in quello slargo. Il progetto – dichiarato
“esemplare”, ma che, a ben vedere, potrebbe esserlo davvero solo se applicato
in altri contesti – ha finito per stravolgere il gusto estetico della piazza di
per sé identitaria e ora caricata di significati “altri” assolutamente
incompatibili con la storia di quello spazio. Ciò che poi dimostra assoluta
inconsapevolezza è la pavimentazione: ci si domanda come sia possibile
autorizzare un intervento del genere senza uno studio preliminare sulla
morfologia storica che, sappiamo con certezza, era composta da materiali molto
più congrui come il cotto e la pietra calcarea di Vascigliano, documentati in
un saggio che la stessa Italia Nostra presentò negli anni Ottanta e che altre
autorevoli personalità, come gli architetti Leonelli e Struzzi, hanno attestato
nei loro studi.
Si
dimostri allora l’opportunità di cancellare la memoria storica con lavori
discutibili e in taluni casi impropri, come le orribili “vele” che ingombrano
terribilmente la piazza e offendono il verticalismo degli alberi, creando una
sensazione di disagio e di spiacevole oppressione. Un simbolo dell’identità
cittadina – quella che in molti tendono a cancellare, forse perché non la
conoscono affatto – ridotto ad un “patchwork”
lapideo, un nuovo episodio di obliterazione storico-culturale che impone per
l’ennesima volta, magari prima che siano distrutte le residue testimonianze del
passato, un richiamo forte a una presenza stabile sul nostro territorio da
parte della Soprintendenza per i BBAAPP, gendarme di un patrimonio altrimenti
destinato a morire nella trascuratezza fino, appunto, alla sua stessa completa
rimozione, non di rado cagionata anche da inammissibili dinamiche clientelari.
Quel che preoccupa è che ora si
vorrebbe intervenire strutturalmente su un altro luogo chiave della Terni
medievale: piazza San Francesco e il sagrato del Santuario,
cuore religioso del centro storico, che l’anno prossimo si accinge a celebrare
il 750° anniversario dalla fondazione. Non
permetteremo alcuno scempio su questa piazza, né interventi dissacranti
della storia laica e religiosa della città.
Qualsiasi
iniziativa del genere sarà ostacolata con richiesta di vigilanza immediata al
Ministero dei Beni Culturali, facendo appello all’art. 45 del Codice dei Beni
Culturali che tutela l'integrità della nostra storia, impedendo interventi che
danneggino contesto ambientale e decoro. Piazza san Francesco dovrà piuttosto
rappresentare il segno della conversione architettonica, un cambio di rotta
improntato al rispetto e alla sensibilità nei confronti di valori immateriali e
materiali che non possono essere svenduti da alcuno
Italia
Nostra Terni
Terni,
10 agosto 2014
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